Pratica della canoa turistica deriva dalla predilezione per la semplicità, la frugalità, lo sport non agonistico e, quindi, per i risvolti culturali ed il rispetto per l’ambiente strutturalmente correlati a tale pratica. Tutti valori relegati in spazi di nicchia nell’ambito della immanente società dell’apparenza che oggi va per la maggiore. Anche nell’uso del tempo libero prevalgono i consumi griffati, standardizzati ma intrinsecamente dozzinali; belli nel look,nell’involucro ma non per la qualità effettiva. Un po’ come una mela moderna,ottenimento genetico mirato a migliorarne l’aspetto, magari a detrimento delle sue difese naturali, per cui risulta farmacodipendente, insipida,avvelenata di trattamenti antiparassitari…ma bella a vedersi.
Oggi persino nella pratica della canoa c’è chi preferisce esibire la propria perizia giocando per ore con la stessa rapida anziché percorrere il fiume,gustarne il percorso, gli scorci impareggiabili che offre a piene mani; insomma, quando un esercizio non è più il mezzo per porre in grado il canoista di affrontare il fiume in maggiore sicurezza ma resta fine a se stesso, rassomiglia tanto ad un videogioco a pagaia, una mera esibizione di tecnica.
La presenza sul territorio
Il fiume è una parte importante del territorio; vi finiscono i residui delle lavorazioni industriali, i pesticidi dell’agricoltura come i rifiuti urbani. Ora,poiché il canoista si bagna dell’acqua che percorre anche quando non abbia a rovesciarsi, è portato a rivendicare che rispettosi dell’ambiente lo siano anche gli altri utenti dei corsi d’acqua; egli è, cioè, un ambientalista “ante litteram”; svolge un ruolo civico di testimonianza. Del resto la semplice frequentazione del territorio, già da sola, rappresenta un antidoto contro il suo degrado; lo sa l’amministratore comunale: se si spegne la lampada di un lampione, nei suoi pressi, la mattina successiva, è facile rinvenire rifiuti d’ogni genere.
Il fiume è un pezzo di territorio ancora più a rischio di quello in prossimità di un lampione visto che rappresenta il riassunto di tutti gli inquinanti prodotti nel suo bacino imbrifero. Il canoista non può svolgervi una banale attività di evasione, quando è in gioco la sopravvivenza della sua pratica sportiva.
Il guasto del clima e gli sbarramenti Ma ad aggredire la canoa turistica si aggiungono altri fattori non meno determinanti: il crescente numero di sbarramenti che impediscono la canoabilità dei corsi d’acqua nonché la tropicalizzazione del clima che avanza inesorabile e le precipitazioni diventano sempre più insufficienti anche se a volte torrenziali.
Non c’è di che rallegrarsi; lo scenario, osservato a 360 gradi, è sempre più inquietante; la canoa turistica risulta accerchiata da una società dove i valori veri regrediscono di fronte ai bagliori, al frastuono, alle apparenze: guai però a rassegnarsi, si diverrebbe complici del declino: bisogna invece moltiplicare gli sforzi promozionali e coinvolgere i media; bisogna resistere all’oscurantismo del terzo millennio, consapevoli di essere i custodi convinti e determinati della più generale cultura dell’essere contrapposta a quella dilagante del sembrare; per intenderci, ne fa parte anche quella del lifting.
Del resto, la demagogia anch’essa appartiene alla ideologia del sembrare; essa è tale proprio perché indica soluzioni apparentemente efficaci ma in effetti illude, inganna.
La discesa del Tevere alternativa concreta
Anche se l’età media dei partecipanti è in costante crescita, la Discesa Internazionale del Tevere da Città di Castello a Roma avrà luogo quest’anno per la venticinquesima volta; dal 25 aprile al 1° maggio. Oltre agli italiani vi giungono canoisti da tutta Europa; si pernotta in sacco a pelo nelle palestre gentilmente concesse, si autocucina con prodotti dell’agricoltura biologica, si ha l’occasione di turismo culturale presso le vestigia che i nostri antenati hanno lasciato all’umanità da quando il Tevere era la via di comunicazione del centro Italia, l’autostrada del Sole del neolitico; dapprima funzionale allo stesso insediamento umano, consentì poi l’interscambio di mercanzie e di knowhow fra genti diverse.
Alla discesa si partecipa pagando una quota irrisoria, la cui entità è la misura di quanto la manifestazione sia fuori degli schemi conumisticoprofittuali in voga. A renderla possibile la dirigenza di Trambus, evidentemente sensibile al contesto socioculturale nel quale la manifestazione si colloca. Trambus,infatti, anche quest’anno mette a disposizione un pullman per il necessario recupero degli autisti che ogni mattina portano, in anticipo, a fine tappa le loro auto.
Si può resistere
La discesa del Tevere è l’unica sopravvissuta in Italia fra le manifestazioni canoistiche a tappe; essa continua ad attirare sinergie tanto indispensabili quanto significative; continua a rappresentare un’alternativa all’uso corrente del tempo libero; un’alternativa sperimentata non soltanto teorizzata; e praticata in armonia con l’ambiente, anzi toccando letteralmente con mano la sintesi dei suoi problemi; un’alternativa che fa apprezzare anche agli italiani ( gli stranieri l’apprezzano già ) quell’irripetibile patrimonio di beni culturali e di produzioni artistiche artigianali ( Deruta ) che offre questo nostro paese; un patrimonio che proviene dalla creatività dei nostri antenati nonché da quella, non meno fertile, di alcuni contemporanei; entrambi ingredienti di base disponibili per uno sviluppo compatibile anche con l’ambiente.
Resistere è possibile purché le analisi della situazione non si limitino al solo mondo della canoa, come se esso fosse a sé stante, come se non fosse inserito nel più vasto contesto del costume, della problematica ambientale,del modo di concepire l’uso del tempo libero e persino della valenza assegnata alle associazioni noprofit; tutti ambiti dai quali non possono non giungere condizionamenti sul divenire di quella pratica sportiva che si fa impugnando una pagaia.
E gli interventi non possono che essere di natura culturale: scritti e dibattiti sui giornali di canoa, convegni in occasione dei raduni, stages formativi, anche coinvolgendo altre entità cointeressate.
Alle Guide ed agli istruttori andrebbero aggiunti compiti al di là di quelli strettamente tecnici per assurgere al ruolo di promotori della canoa intesa anche come stile di vita.
Roma 2003